COMUNICAZIONE

Minibond, nuovi strumenti di finanziamento alternativi ai tradizionali canali bancari

Marzo 2023

Al giorno d’oggi tra i più noti e innovativi strumenti di finanziamento per le aziende non quotate in Borsa rivestono un ruolo primario i cosiddetti minibond, grazie ai quali le società riescono a reperire fondi da diversi investitori che desiderano investire nei vari progetti mediante emissione appunto di titoli di credito.

Queste nuove e particolari forme di obbligazioni sono meno complicate e meno costose da emettere rispetto a quelle classiche e per tale ragione sono studiate principalmente per le PMI in cerca di liquidità.

La ratio sottostante i minibond non trova origine per aiutare aziende in crisi, ma per offrire ad attività sane e in forte espansione efficaci sistemi di finanziamento che non si appoggino esclusivamente al circuito tradizionale del credito bancario e propongano alternative valide ai sistemi di debito standard.

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In linea di massima possono sottoscrivere minibond investitori istituzionali professionali, SGR, società di gestione armonizzate, SICAV, imprese di investimento, intermediari rientranti nell’elenco previsto dall’articolo 107 del T.U. bancario e banche dotate dell’autorizzazione necessaria a prestare servizi di investimento nel territorio italiano, anche nel caso in cui la loro sede legale al di fuori dei confini nazionali.

Il grande vantaggio dei minibond è che permettono alle aziende non quotate di aprirsi al mercato dei capitali, rendendosi progressivamente meno dipendenti dal credito bancario.

Ovviamente tutto ciò comporta anche degli oneri per i soggetti beneficiari, infatti come avviene per tutte le obbligazioni anche i minibond hanno un proprio tasso d’interesse sotto forma di cedola periodica e una data di scadenza.

Il Decreto Destinazione Italia del 2013 ha stabilito che gli emittenti di minibond devono essere società italiane non quotate, diverse dalle banche e dalle micro imprese con un fatturato superiore ai 2 milioni di euro e un organico composto da almeno 10 dipendenti.

I minibond sono disciplinati dalle normative contenute nel Decreto Legge 22 giugno 2012 n.83, noto come “Decreto Sviluppo” e integrate in seguito con le modifiche apportate dal D.L. 18 ottobre 2012 n.179, “Decreto Sviluppo Bis”, dal D.L. 23 dicembre 2013 n. 145, piano “Destinazione Italia” e dal D.L. 24 giugno 2014 n. 91 o “Decreto Competitività”.

A emettere minibond devono quindi essere società italiane non quotate in Borsa, diverse dalle banche e dalle micro imprese. Nello specifico Borsa Italiana impone alle società interessate la certificazione dell’ultimo bilancio approvato da parte di un revisione esterno.

Ogni anno l’Osservatorio Minibond del Politecnico di Milano pubblica i dati inerenti le emissioni, le emittenti e gli investitori in Italia relativi all’anno precedente. Al 31 dicembre 2021, l’Osservatorio Minibond aveva rilevato un totale di 832 imprese italiane che hanno collocato minibond. Di queste circa il 62,2% sono PMI. In riferimento al solo 2020, le emittenti sono state 200 di cui 163 sul mercato per la prima volta. Si tratta per il 52% di Spa e per 41,5% di aziende appartenenti al settore manifatturiero. La Lombardia conta ben 45 imprese emittenti, seguita dalla Campania, con 39 aziende interessate e dall’Emilia Romagna con 27 realtà coinvolte.

Riassumendo, la sottoscrizione di minibond è riservata a investitori istituzionali professionali e a soggetti qualificati con accesso alle piattaforme di equity crowdfunding.

I minibond hanno una durata dell’emissione compresa in media tra 3 e 7 anni e un tasso di interesse corrisposto tramite cedola.

I soggetti coinvolti nel processo di emissione dei minibond sono l’emittente, ossia l’impresa che emette minibond in cambio di un prestito e gli advisor, ossia figure di supporto agli emittenti in tutte le fasi dello svolgimento delle attività preliminari necessarie all’emissione dei minibond.